A Casa di Lucia | 4321…CIAO PAUL
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4321…CIAO PAUL

“Noi siamo il popolo del Libro e il popolo del Libro deve restare unito.” (da pag. 887 di 4321). 

 

Il 03 Febbraio del 1947 la cittadina di Newark, nello stato del New Jersey, regalava al mondo un uomo che settantasette anni più tardi, il 30 Aprile 2024, lascerà migliaia di adoranti lettori orfani della sua letteratura: Paul Auster, scrittore, sceneggiatore, regista, poeta, saggista, produttore cinematografico, marito, padre e, poco prima della sua morte, nonno. 

Scrivere di Paul Auster, analizzare la sua scrittura, scrivere di libri quali Trilogia di New York, richiederebbe una presunzione che non ritengo di avere. Ma la ricorrenza oggi, l’ammirazione per lo scrittore divenuto di culto, il fascino che emana dai suoi scritti, l’amore per l’immenso romanzo (e non intendo per la mole) 4321, mi portano comunque a condividere qualche pensiero che custodisco dallo scorso aprile, o, forse, da quando ho iniziato a leggerlo, a condividere la mia esperienza di lettura. 

Tra gli autori che l’autore amava annoveriamo Poe, Hawthorne, Hemingway, Ungaretti e Joyce. 

Agli scritti di James Joyce, Auster dedicò due anni della sua vita. Coincidenza, caso, notato sicuramente da Paul, è la quasi concomitanza del giorno di nascita tra i due: Joyce nasceva a Dublino il 02 Febbraio del 1882, e al quarantesimo compleanno, il 02 Febbraio del 1922, l’amica Sylvia Beach, proprietaria della libreria e casa editrice Shakespeare and Company, fece pubblicare l’Ulisse (in quel periodo oggetto di censura in tantissimi paesi). 

Dell’opera di Auster composta anche di racconti, sceneggiature, poesie, vi elenco la maggior parte dei romanzi: Trilogia di New York: l’opera che lo consacra scrittore, composta dai tre racconti Città di Vetro, Fantasmi, La stanza chiusa; Nel Paese delle ultime cose; Moon Palace; La musica del caso; Leviatano; Mr Vertigo; Timbuctù; Il libro delle illusioni; La notte dell’oracolo; Follie di Brooklyn; Uomo nel Buio; Invisibile; Sunset Park; Ragazzo in fiamme; Una nazione bagnata di sangue (pubblicato postumo in Italia); 4321; Baumgartner

Auster, lo Scrittore del caso, del destino, di New York intesa come soggetto che interagisce, come esperienza di vita, della scrittura che intreccia sogno e realtà, di scritti distopici e scritti biografici, riunisce il tutto e tutto se stesso nella sua opera omnia: 4321. Pubblicata nel 2017, è stata definita, tra l’altro, dalla stampa americana “il risultato di un’ambizione vertiginosa e di una maestria artigianale unica”, “una costruzione grandiosa di storie alternative e complementari”, “un libro che contiene mondi”. 

Auster racconta in maniera magistrale, quattro delle possibili vite di Archie Ferguson, una sorta di “sliding doors”, nelle quali, a partire dai poco camuffati data e luogo di nascita, mette se stesso, le origini della sua famiglia, la sua cultura, l’amore per i libri, per la musica, per New York, la storia americana contemporanea e non stereotipata. 

Il libro ha una duplice possibilità di lettura, cosa che sarebbe bastata ad affascinarmi: si può leggere sia procedendo dalla prima pagina, sia seguendo una delle quattro vite e leggere in quell’ordine, per quella vita. Personalmente ho letto in primis seguendo l’ordine classico, mentre per la rilettura seguendo le vite di Archie. Leggendo, sono stata in parte Amy, la donna che Archie ritrova in tutte le vite, in parte Rose, la madre, in parte sono stata un po’ di ciascun Archie. 

Per quanto possa sembrare lungo il romanzo (le mitiche 939 pagine dell’edizione italiana), la fluidità di scrittura, la curiosità di vedere come proseguono le diverse vite, di capire fin dove arriva la maestria d’intreccio, lo rendono una lettura scorrevolissima. 

Di solito sono una lettrice che “divora” i libri, soprattutto così interessanti, ben scritti e tradotti. Per 4321 è stato il contrario. Vedendo che mi avvicinavo alla fine, che stavo per lasciare gli Archie, speravo che le pagine aumentassero, ho iniziato a leggere più lentamente cercando di ingannare me stessa per non lasciarli andar via: sapevo, come poi è successo, che mi sarebbero mancati, succede con alcuni Libri. La storia, i personaggi, l’impatto del libro fisico stesso, mi hanno accompagnata nel mio quotidiano per circa tre settimane nella primavera del 2018 e ancora oggi, dopo quasi sette anni dalla prima lettura, è rimasto qualcosa indelebile in me. 

Terminata la lettura sapevo che l’avrei riletto nonostante le mie wishlist infinite, che sarebbe arrivato il “momento giusto” per la rilettura. Il 30 aprile scorso (mi chiamava ormai da un po’ di tempo dalla libreria) arriva quel momento: ritrovo Archie, ritrovo Paul, mentre la notizia della sua scomparsa si diffonde nel mondo. 

Quello che non avrei mai immaginato, nel 2018, è che ne avrei scritto. Questo articolo non era previsto, ho iniziato a scriverlo un po’ per caso e, avendo timore di scrivere di Auster, di 4321 ho iniziato a scrivere giusto un piccolo omaggio per l’autore in occasione della data di nascita. Ma Paul, Archie, il libro fisico, le sensazioni legate a quel periodo, hanno preso possesso delle mie mani, della priorità di altri articoli, nuovamente occupato le mie giornate e, senza quasi il mio intervento cosciente mentre scrivevo, 1 omaggio si è trasformato in 2 righe, che si son trasformate in 3 pagine, che si son trasformate nelle mie 4 esperienze di lettura. Come sosteneva Auster, l’esperienza di lettura è fisica, mentale, emotiva ed io aggiungerei morale

Fisica: perché il volume stesso ha un suo peso, ti resta addosso, lascia una sua traccia, ti costringe a posizioni diverse, ad “aggiusti” del corpo. Lo porti con te, e anche quando termini la lettura non te ne separi, non lo riponi facilmente. 

Mentale: avevo letto in un unico libro oltre quattro vite; mentre leggevo mi si palesavano nella mente ancora altre possibili direzioni che ciascuna vita di Archie poteva prendere. 

Emotiva: Durante la lettura non puoi fare a meno di chiederti: “Cosa sarebbe successo se invece di quella scelta ne avessimo fatta un’altra? Che persone saremmo oggi se quel giorno non avessimo perso il treno, se ci fossimo iscritti in un’altra scuola”, se avessimo fatto un solo passo diverso, un solo singolo giorno delle nostre vite. Auster ha messo, a mio parere, il lettore in condizione di vedere parte della sua vita da bambino, da ragazzo, pur non essendo opera autobiografica, e, forse parte di ciò che lui aveva immaginato potesse andare la sua vita, e lascia che alla mente del lettore affiorino le stesse domande sulla propria stessa vita. 

Morale: le vite di Archie si dipanano dal secondo dopoguerra in America. Una delle cose che mi ha colpito è stata la mia ignoranza su tantissimi eventi di quel periodo storico neanche tanto distanti (storia intesa come fatti realmente accaduti). Era mia ignoranza o era vuoto d’informazioni dovuto alle manipolazioni dei media a servizio di personaggi ai quali fa comodo la dimenticanza e l’ignoranza delle persone? Abbiamo il dovere morale di portare avanti la cultura, di tramandarla per iscritto o in altre forme, di portare avanti testimonianze di quello che realmente è accaduto e accade, per evitare che lo si possa manipolare, o cancellare. 

L’ultimo romanzo di Auster è Baumgartner (edito in Italia nel 2023). È la storia di Seymour Baumgartner, professore in pensione, vedovo da dieci anni che non si è rassegnato alla perdita della moglie e che paragona alla sindrome dell’arto fantasma: per renderle omaggio, raccoglie i di lei scritti, per pubblicarli, per condividere una parte importante di lei. 

Ed io oggi immagino la moglie di Paul, la scrittrice e poetessa Siri Hustvedt, che, inversamente alla storia narrata in Baumgartner, prende in mano gli ultimi scritti di Paul, quelli che magari non ha avuto modo né tempo di ultimare, li raccoglie e ce ne fa dono. 

Se di Auster non avete letto nulla, o il primo approccio non vi ha contagiato, spero riusciate a prendere in mano presto un suo libro, spero con queste righe di avervi trasmesso un pò di “Austerite”. Se invece ne soffrivate già prima, spero queste mie parole vi abbiano fatto ritrovare un po’ delle sensazioni di quando avete iniziato a soffrire i primi sintomi. Se vi manca Paul, scrivetemi, ci faremo compagnia come quando si parla di un vecchio amico che ti raccontava storie, storie di vita vissuta, storie di casi e fatalità, e ci si riunisce per parlare di lui, non con tristezza, no, piuttosto con ammirazione e dolce nostalgia, pensando al bello che ha donato al mondo con la sua letteratura.

Ciao Paul, 

no, non scrivo addio: manchi e mancherà di te, l’attesa e successiva scoperta di un nuovo libro, la speranza di una nuova intervista, ma ti ritroverò tra le pagine dei tuoi libri non ancora letti e nella rilettura di 4321. E ci ritroveremo, per dirla con le tue parole, in un tuo “libro … posto unico al mondo, … luogo senza spazio, l’unico luogo in cui due estranei – lo scrittore e il lettore – possono incontrarsi intimissimamente e condividere i pensieri e le emozioni più profonde”. 

Loredana



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