A Casa di Lucia | Le Foibe e il giorno del ricordo: cura e responsabilità per il presente ed il futuro
36393
post-template-default,single,single-post,postid-36393,single-format-standard,theme-bridge,bridge-core-1.0.2,no-js,woocommerce-no-js,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,qode-title-hidden,side_area_uncovered_from_content,transparent_content,columns-4,qode-theme-ver-18.0.4,qode-theme-bridge,disabled_footer_top,wpb-js-composer js-comp-ver-5.7,vc_responsive

Le Foibe e il giorno del ricordo: cura e responsabilità per il presente ed il futuro

Scrisse Hannah Arendt: “Morirono come bestiame, come cose che non avevano né corpo né anima e nemmeno un volto su cui la morte avrebbe potuto apporre il suo sigillo”

La politologa e filosofa, in uno dei suoi scritti più celebri “La banalità del male”, si riferiva allo sterminio degli ebrei sul quale tanto aveva scritto; va da sé che le sue parole possano essere utilizzate per tutte le tipologie di stermini e genocidi di cui l’uomo si sia macchiato. Purtroppo per noi, di eccidi la storia umana ne avrebbe da raccontare diversi. 

In seguito alla fine del secondo conflitto mondiale, si sperava che le coscienze mondiali potessero dirsi sensibilizzate riguardo alle violenze perpetrate nei confronti di gruppi etnici, si sperava che i più fossero ormai consci delle mostruosità del passato tentando di arginarne di future. È dura riscontrare che non solo le coscienze si sono smosse poco, ma talvolta si sono spinte anche oltre, arrivando financo a negare l’esistenza di determinati crimini.

Lo sterminio degli ebrei, il genocidio armeno, l’eccidio delle foibe nel corso degli ultimi anni sono stati oggetto di rivalutazioni da parte di diverse persone, arrivando persino a negarne l’esistenza. 

Il negazionismo non va confuso con il revisionismo storico, che reinterpreta determinati eventi della storia, soprattutto contemporanea, in base al fatto che nuove fonti vengono messe a disposizione del lavoro degli storici: i negazionisti, infatti, riscrivono la storia con il preciso obiettivo di eliminare quei crimini contro l’umanità che rivelano la natura assassina dei regimi totalitari di qualsiasi bandiera politica. Nel tentativo di placare queste idee negazioniste i parlamenti occidentali, nel corso degli anni, hanno approvato per questo motivo il reato di negazionismo, con sanzioni più o meno severe a seconda dei Paesi in cui queste sono state approvate. Bene, si penserà, problema risolto. In realtà non è che la punta dell’iceberg di un problema molto più difficile da estirpare: gli eccidi perpetrati non sono stati commessi solo dai nazisti o dai fascisti ma, parimenti, anche dall’ideologia comunista

Proprio l’eccidio delle Foibe ne è stato oggetto, nel corso degli anni, da parte di una corrente di pensiero che da un lato riprendeva alcuni temi del negazionismo jugoslavo e dall’altro riteneva che i massacri delle foibe fossero stati un mero strumento di propaganda politica, facente parte di una vasta campagna anticomunista, nazionalista e neoirredentista sviluppatasi nei decenni in Italia a partire dalla propaganda nazista e fascista degli ultimi anni della seconda guerra mondiale.

Ma cosa erano le Foibe? I massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante e subito dopo la Seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell’OZNA. Il nome di tali eccidi deriva dai grandi inghiottitoi carsici (chiamati nella Venezia Giulia “foibe”) dove furono gettati i corpi di alcune vittime o, in alcuni casi, le stesse ancora in vita. 

In seguito a polemiche e discussioni accademiche in merito al negare o sminuire la portata di tale evento, nel corso degli anni Novanta nel nostro Paese sono state discussi in Parlamento, in diversi momenti, eventuali disegni di legge finalizzati al ricordo, alla memoria di quanti persero la vita nelle Foibe. La legge, definitivamente approvata nel 2004, fu frutto di un accordo tra diverse proposte presentate da vari parlamentari. L’onorevole Fassino, tra i promotori della legge, volle sottolineare in quei giorni la necessità di ricordare il 50° anniversario dell’eccidio e di superare ogni forma di ambiguità e reticenza dopo la rimozione di una pagina di storia italiana, tragedia della sofferenza di centinaia di migliaia di italiani, oltre che rimarcare l’importanza fondamentale di rendere un omaggio doveroso ad una vicenda da troppo tempo misconosciuta e rimossa. Purtroppo, nel nostro paese e non solo, le ideologie nel corso degli anni hanno influenzato e cavalcato atteggiamenti ambigui, tali da prestare il fianco a movimenti negazionisti. Parrebbe pleonastico ribadire l’importanza di non avallare questi movimenti o teorie, ma così non è. Queste leggi sono quindi doverose: rappresentano un baluardo contro l’avanzare di ideologie negazioniste e lo fanno salvaguardando il ricordo. 

Perché il ricordo (dal latino: re– indietro e cor –cuore) richiama nel presente del cuore e del sentimento qualcosa che non è più qui o non è più adesso. Non nella sua forma originale. È la possibilità di consultare il passato, di interrogarlo, di distendercisi ancora per capire ed essere capaci di cura e di responsabilità nel presente e nel futuro. Per tenere alta la consapevolezza sorridente di chi siamo, da dove veniamo e di dove abbiamo la possibilità di spingerci. Per non perdere niente di quello che naturalmente esce dalla nostra vita. Niente e nessuno.
Proprio per questo il ricordo non ha colore politico, né credo, ma è tale se riporta un fatto storico, in questo caso, con obiettività e sentita partecipazione.

L’eccidio delle Foibe è dunque uno di quei dolorosi eventi della nostra storia da ricordare per rammentarci che la violenza va condannata sempre e che, soprattutto, non porta alla risoluzione di alcun conflitto.

Proprio in tal senso va letto il viaggio del “Treno del ricordo” in memoria dell’esodo giuliano– dalmata, partito il 10 febbraio del 2024, nel ventennale del Giorno del ricordo, dal binario 1 della stazione di Trieste Centrale.

Un treno che ha unito tutta Italia in una riflessione profonda rivolta alle scuole e ai giovani, ma che diventa monito per tutti i cittadini.

Partito da Trieste, il treno ha toccato undici tappe (tra cui Parma e Napoli) fino ad arrivare alla stazione centrale di Taranto.

 A bordo è stata allestita una mostra multimediale aperta al pubblico, attraverso la quale si è potuto ripercorrere idealmente il viaggio compiuto dagli esuli giuliano-dalmati. I quattro vagoni principali (a cui si aggiungevano quelli di ingresso e uscita) hanno fatto da cornice alle quattro sezioni in cui era suddivisa l’esposizione: Italianità, Esodo, Viaggio del dolore e Ricordi di una vita. Lungo il percorso sono stati proiettati filmati di repertorio provenienti dall’Archivio Istituto Luce e da Rai Teche e video originali, e sono state esposte fotografie e masserizie fornite dall’Istituto Regionale per la Cultura Istriana-Fiumana-Dalmata (IRCI).

Immaginare quel che è stato affinché non accada più, ripensare al passato affinché il presente assuma un rilievo diverso ai nostri occhi, immergersi nella privazione totale e nella perdita del proprio territorio e della vita: queste sono state e devono essere, anno dopo anno, le spinte propulsive a tenere viva la memoria storica del nostro paese e non solo. 

Le nuove generazioni meritano fondamenta stabili e radicate su cui poter costruire la loro vita. L’incontro tra popoli e l’integrazione divengono valore aggiunto solo se si fa tesoro di tutto quello che ci ha permesso di essere qui oggi, liberi e consapevoli.

Come diceva Octavio Paz, “La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare.”

(fonte immagine www.irasenazionale.it)



× Ciao!