
14 Feb AMORI E COPPIE FAMOSE
“L’amore non dà nulla fuorché sé stesso
e non coglie nulla se non da sé stesso.
L’amore non possiede,
né vorrebbe essere posseduto
poiché l’amore basta all’amore.”
Khalil Gibran, poeta.
Il mito dell’amore è una costante della civiltà e della cultura europea, ed ha origine nel mondo della Grecia arcaica.
L’amore come passione struggente, l’amore come malattia, come unica ragione di vita, l’amore che spinge alla disperazione e al suicidio, che spinge alla follia e alla perdita di dignità, ma anche l’amore sublimato nell’estasi dell’ammirazione, gioia eccelsa, indescrivibile, assoluta, come “bene” indispensabile dell’esistenza di un uomo e di una donna, l’amore come unica ragione di vita.
Un sentimento vissuto, rappresentato, descritto, tantissime volte ed in modi diversi, ma parimenti arricchenti.
Che si tratti di mitologia, storia, letteratura, che siano amori inventati o realmente vissuti da coloro che ce li hanno tramandati, è innegabile che nel tempo siano stati molteplici gli amori che ci hanno tenuti incollati a pagine di testo, film, rotocalchi e carta stampata. Eccone alcuni:
Amore e Psiche (di cui il più bell’esempio dell’eccellenza alessandrina è il gruppo di Amore e Psiche che si baciano, conservato in Campidoglio) nella letteratura ebbe varia espressione. Nelle Metamorfosi Apuleio racconta come Psiche, fanciulla così bella da render gelosa persino Venere, venisse da questa presa in odio, sicché la dea ordinò ad Amore che la ferisse. Amore però, vista la fanciulla, s’innamorò di lei, e, fattala trasportare da Zefiro in un magico palazzo, ne ottenne l’affetto. Psiche, istigata dalle sorelle, mentre Amore dormiva, entrò presso di lui con la lucerna in mano e, rapita e tremante di commozione, lasciò cadere su di lui una goccia di olio caldo. Amore si svegliò, e, crucciato, volò via, per non tornare se non quando Psiche avesse superato una quantità di prove che la rendessero degna di perdono. Allora, placata Venere, e ottenuto l’assenso di Giove, Amore porta Psiche in cielo.
La favola di Amore e Psiche rientra in una classe assai numerosa di racconti mitologici e leggendari, il cui motivo centrale è il destino di due sposi o fidanzati, la felicità dei quali è subordinata all’osservanza di una certa condizione, generalmente un divieto: quando lo infrangono, essi sono separati per sempre. Tale motivo si trova nell’India antica (favola di Urvaci e Pururava: lo sposo non deve farsi vedere ignudo dalla sposa); in Cina (favola del bifolco e della tessitrice, che, per troppo amore, trascurano le loro mansioni sicché vengono obbligati a dimorare separati dal Fiume d’Argento); nell’antico Giappone (secondo il Kojiki, Toyotamabime, figlia del dio del mare, aveva pregato lo sposo Ho-wori di non guardarla nel momento del parto; ma Ho-wori la spiò e la vide nella sua vera forma di mostro marino, ond’essa si ritrasse nell’oceano); nel mondo celtico (Melusina non deve esser veduta ignuda dallo sposo); nel mondo germanico (Lohengrin); nonché presso gli Ojibway dell’America Settentrionale, gli Zulù dell’Africa meridionale, i Chota Nagpur dell’India, ecc.
La letteratura italiana ha parecchi documenti sulla favola di Amore e Psiche: nel De Genealogia Deorum del Boccaccio o nella traduzione della favola di Apuleio fatta dal Boiardo, per citarne solo un paio.
Orfeo ed Euridice la cui forza potrebbe risiedere anche nella grandezza dell’amore di un giovane poeta per la sua sposa, che lo spinge a compiere un’impresa impossibile pur di riaverla indietro. O ancora, un’altra ragione dell’immortalità di questa storia potrebbe ritrovarsi nel suo tragico epilogo, capace di scuotere e di commuovere ancora oggi.
Nei secoli l’antico mito di Orfeo ed Euridice è stato al centro delle opere di molti autori, dai poeti latini Ovidio e Virgilio fino ad artisti e scrittori contemporanei come Cesare Pavese, Italo Calvino e Salman Rushdie, che hanno reinterpretato questa storia da punti di vista inediti.
Come non citare Dante e Beatrice, un amore mai vissuto, ma che lo stesso Dante ha celebrato nella Vita nova e nella Divina Commedia. L’amore puro di un uomo per una donna irraggiungibile. Un amore mai consumato che se da un lato ha afflitto lo stesso Dante, dall’altro lo ha salvato.
Un altro amore bellissimo è quello tra Antonio e Cleopatra, che ricordiamo nella splendida interpretazione cinematografica di Liz Taylor e Richard Burton, oltre alle numerose trasposizioni teatrali dell’opera autografa di Shakespeare. L’autore non ci fa scoprire come Antonio e Cleopatra si siano innamorati, ma narra di scontri, tradimenti, ritirate che fanno vergognare un uomo che fino a pochi anni prima era considerato simile al dio della guerra in persona, e che sembra essersi perso, seguendo ‘le gonne’ di una lussuriosa straniera. Fino ad arrivare al tragico finale, a quella duplice morte per amore, che assume le fattezze di un gesto trionfale. Solo nella morte, il loro amore trionfa.
Passano gli anni e a noi giunge un ennesimo amore emozionante, lontano dalla tragedia greca, dal mito e dalla letteratura dello stil novo, ed è quello tra Napoleone Bonaparte e Giuseppina.
«Vivere tramite Giuseppina, ecco la storia della mia vita». Così scrisse Napoleone Bonaparte poche settimane prima di sposare l’unica donna capace di rubargli il cuore e la mente. La sposò il 9 marzo del 1796. Lei, già rimasta vedova dal precedente matrimonio con Alessandro de Beauharnais, diventerà imperatrice. Napoleone, di 6 anni più giovane, era follemente innamorato di lei che, però, non riuscì mai a dargli un erede. Per questo motivo – e non per il fatto che andava con altri uomini – venne ripudiata, allontanata. Una volta separati, non smisero di amarsi, fino alla fine. E la loro storia d’amore – che Ridley Scott ha raccontato in “Napoleon”, dove Napoleone e Giuseppina sono interpretati rispettivamente da Joaquin Phoenix e Vanessa Kirby – svela le# fragilità di un uomo e una donna che il destino aveva voluto fare incontrare.
Tante sono le storie d’amore che hanno fatto sognare intere generazioni, ed il Novecento non è stato meno intenso dei secoli che lo hanno preceduto.
Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir arrivano a noi come esempio di amore libero, solidale, aperto e intenso. Insieme per 51 anni, saranno sempre fedeli al loro pensiero e vivranno il loro sentimento senza vincoli, in un patto chiaro e libero. Evocativa di quella libertà è la loro tomba, nel cimitero di Montparnasse, a Parigi, semplice, insieme, e meta di continui pellegrinaggi.
Un amore totalizzante è quello tra Frida Kahlo e Diego Rivera, una delle più affascinanti e complesse storie del XX secolo, una combinazione di amore e passione, litigi e contrasti, separazioni e riconciliazioni. Ma se per secoli la storia di personaggi famosi è stata accompagnata dall’affermazione: «Dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna», nel caso di Frida Kahlo non fu così. Diego Rivera si impegnò con tutto sé stesso perché il potenziale della sua compagna prendesse forma, senza competizione, né gelosia. Diego e Frida sono protagonisti di una storia che si è nutrita reciprocamente e che non è mai scaduta nella subalternità. Anzi, la loro unione è la prova di quanto possa essere fruttuosa per la creatività di un artista – uomo o donna che sia – una vita di coppia con un partner che lo/la sostiene.
Se quello tra Frida e Diego fu un amore segnato dalle arti visive, il rapporto tra Victoria Ocampo e Rabindranath Tagore fu fatto di poesia e scambio epistolare; iniziò infatti con una profonda corrispondenza, attraverso cui si rivelò gradualmente la complessità dei loro sentimenti e delle loro personalità. Victoria, una donna colta e poliglotta, che si era avvicinata alle opere del poeta indiano sin dal 1914, si innamorò delle sue parole ben prima di incontrarlo di persona. Questo amore per la sua arte si sviluppò ancor di più quando Tagore arrivò a Buenos Aires, nel 1924, per riprendersi da una grave malattia. La relazione tra Victoria Ocampo e Rabindranath Tagore fu un incontro di anime profondamente diverse, unite dalla comune passione per la cultura e la letteratura, ma separate da un abisso di incomprensioni e aspettative non soddisfatte. Victoria, nella sua adorazione per il poeta, si trovò a vivere una dicotomia tra la gioia di essergli vicina e il dolore di non poter essere amata come desiderava. Il loro legame, sebbene intenso e significativo, rimase sempre segnato da una distanza insuperabile, simbolo delle complessità e delle sfide intrinseche nell’amore.
Sarebbe bello poter narrare ancora tanti e tanti amori che hanno fatto piangere, ridere, sognare, ma dal momento che arti, poesia, letteratura, mito e tragedia hanno dominato in questa narrazione, è impossibile non fare un riferimento agli amori nati in teatro e sul set cinematografico.
Dario Fo e Franca Rame, Federico Fellini e Giulietta Masina, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, sono e restano esempi iconici di amori lavorativi ed emotivi fortissimi. Dalla drammaturgia in teatro al film d’autore, fino alle sit-com, queste sono tre coppie che ci raccontano l’amore lungo una vita, quello fatto di sodalizio artistico e di complicità quotidiana. Quello vicino ai nostri tempi, ma denso di dedizione e rispetto. Ne è pieno anche il cinema straniero, basti pensare a Penelope Cruz e Javier Barden, uniti dalla fine degli anni Novanta sia sul set che nella vita con una discrezione davvero encomiabile.
Per omaggiare il nostro paese, festeggiamo l’amore con le parole di Roberto Benigni, che ha condiviso la vita e la carriera con la moglie Nicoletta Braschi:
“La Felicità si ricapitola, si riassume in questa parola: Amarsi; però c’è una cosa da dire: che il tempo passa, e il problema fondamentale dell’umanità da 2000 anni è rimasto lo stesso… amarsi.
Solo che ora è diventato più urgente, molto più urgente, e quando oggi sentiamo ancora ripetere che dobbiamo amarci l’un l’altro, sappiamo che ormai non ci rimane molto tempo.
Ci dobbiamo affrettare.
Affrettiamoci ad amare.
Noi amiamo sempre troppo poco e troppo tardi.
Affrettiamoci ad amare.
Perché al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore.
Perché non esiste amore sprecato, e perché non esiste un’emozione più grande di sentire quando siamo innamorati che la nostra vita dipende totalmente da un’altra persona, che non bastiamo a noi stessi.
E perché tutte le cose, ma anche quelle inanimate, come le montagne, i mari, le strade, ma di più, di più, il cielo, il vento, di più, le stelle, di più, le città, i fiumi, le pietre, i palazzi, tutte queste cose che di per se sono vuote, indifferenti, improvvisamente quando le guardiamo si caricano di significato umano e ci affascinano, ci commuovono, perché?
Perché contengono un presentimento d’amore anche le cose inanimate, perché il fasciame di tutta la creazione è amore e perché l’amore combacia con il significato di tutte le cose”.