A Casa di Lucia | IL PAESE DEL CARNEVALE NEL MONDO DI JORGE AMADO
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IL PAESE DEL CARNEVALE NEL MONDO DI JORGE AMADO

Leggere i romanzi di Jorge Amado è sempre una magnifica esperienza, qualunque sia l’aspettativa del lettore. Cosa cerca un lettore quando legge? 

Evasione e immaginazione?  Benissimo, la troverà.

Realismo e impegno sociale? Sì, c’è anche questo.

Il Paese del Carnevale” (titolo originale “O país do Carnaval”) è un’opera prima e non solo, se pensiamo che è stata scritta da un ragazzo di soli diciannove anni, un giovanissimo e inedito Jorge e, allo stesso tempo, possiamo considerarlo il preludio a tutta la futura opera matura dell’autore.

La stesura definitiva di questo breve romanzo risale al dicembre del 1930;  poi pubblicato nel settembre 1931 con una tiratura di mille copie, ha trovato immediatamente la benedizione del poeta ed editore Augusto Frederico Schmidt, che vide in queste pagine il lavoro di esordio di una giovane promessa letteraria di Bahia.

L’immediato successo di critica e pubblico si ebbe anche grazie alla buona presentazione da parte di un importante giornalista  e scrittore del periodo,  Otávio de Faria, che lo saluta come “un grande romanzo” e come “un passo avanti e un mutamento di direzione nella narrativa nazionale”. Tutto ciò gli consentirà, già l’anno successivo, nel 1932, di ottenere un’immediata ristampa di duemila copie.

Ma entriamo nel libro e facciamolo dalla porta principale.                                        Basta solo esplorare l’incipit per capire che questo romanzo parlerà di umanità, tanta umanità, di folklore e di colore e di vita vissuta e idealizzata.

Ma che cos’è del resto il Carnevale se non una rappresentazione semiseria dell’umanità con le sue gioie e dolori?

“Fra l’azzurro intenso del cielo e il verde del mare, la nave verde-gialla, ostenta i colori nazionali. Le tre del pomeriggio. Aria immobile. Caldo in coperta, fra francesi, inglesi, argentini e yankees si affolla il Brasile ( Evoè, Carnevale!). Ricchi piantatori di ritorno dall’Europa dove hanno corso chiese e musei; diplomatici che paiono indossatori in una sfilata di moda maschile… Uomini politici cretini e grassi, con le figlie magre e cretine e i figli cretini e laureati. […]  “ Terra, terra!”.  Laggiù, in lontananza,  appariva il Paese del Carnevale”

Sul ponte della nave c’era anche Paulo Rigger e seguiva il filo dei suoi pensieri. Tornava in Brasile dopo anni di studio a Parigi. Figlio di proprietari terrieri piantatori di cacao, di bell’aspetto e con atteggiamento spavaldo e determinato di chi conosce il mondo per esserci stato, torna a casa con una laurea in legge europea, un vero privilegio ma non per i figli dei latifondisti.  Rigger è il protagonista del romanzo, il personaggio di spicco intorno al quale si svolge la narrazione, nonché l’esempio di quello che era il desiderio da parte dei ricchi possidenti di importare il progresso, le novità e l’emancipazione direttamente dal vecchio continente attraverso i propri figli.

Dice Rigger infatti della sua terra : “Personalmente penso che la natura abbia fatto un gran torto al Brasile. La gente qui sembra pigra, indolente… Dev’essere colpa della natura … Così maestosa fa danno. Vince, schiaccia

Solo il tempo di sbarcare, di mettere piede sulla terra ferma, il Brasile, “paese dei grandi uomini e del Carnevale”, che Rigger si ricongiungerà presto con gli amici, con l’intento di fondare un giornale innovativo come mai ce ne sono stati a Bahia, impegnato, che sfidi ogni convenzione, ogni cliché  che rende stantia e  immobile la società.

Questo romanzo è stato ed è considerato, anche, un “manifesto generazionale” e tale è se si pone l’attenzione sulle questioni filosofiche  che impegnano i protagonisti: gli argomenti delle loro discussioni non sono mai banali, il loro fervente desiderio di elevarsi e, tra tutti ,il desiderio, confrontandosi, di trovare la formula magica per raggiungere la Felicità che, nel testo, è sempre e rigorosamente riportata con la lettera maiuscola.

La precoce stesura del testo (come abbiamo detto Amado è molto giovane quando il romanzo vede la luce), arricchisce la storia di inevitabili tracce autobiografiche e di quella vena velatamente (e neanche troppo velatamente) impegnata a livello politico, che non mancherà più nella sua produzione futura.

Con il suo libro immediatamente successivo “Cacao” del 1933, imboccherà definitivamente la via maestra: quella della narrativa sociale, restando sempre generoso nella descrizione dei colori e dei sapori brasiliani. Poi la sua poetica cambierà ancora, ma mai tradirà le sue origini. 

Ne “Il Paese del Carnevale” le vicende amorose di Paulo Rigger si svolgono contemporaneamente a quelle dei suoi amici, esperienze che di volta in volta confermano o smentiscono le loro teorie filosofiche. La vita vissuta dai vari protagonisti, alla ricerca della luce, è piena di ombre. Nulla è come appare e ciò che appare spesso non è la verità. Lo stesso Rigger, convinto di essere rientrato in patria emancipato e forte del fatto che ciò vada a suo favore e gli consentirà di raggiungere più facilmente quella tanto agognata Felicità, resterà schiacciato dalle convenzioni, come se queste facessero parte di un codice genetico impossibile da separare dal proprio corpo e, naturalmente, tutto ciò sarà causa di ulteriori dissertazioni, smentite, ricerche e soprattutto dolore, quello al quale gli uomini sono destinati, anche se vivono nel Paese del Carnevale.

Jorge Amado ci fa ritrovare l’umana follia, la feroce contraddizione che caratterizza il Carnevale anche in altri suoi romanzi.

Pensiamo per esempio a “Dona Flor e i suoi due mariti”, pubblicato per la prima volta nel 1966, trentacinque anni dopo. 

E ancora una volta partiamo dall’incipit del romanzo : “Vadinho, il primo marito di dona Flor, morì a Carnevale, una domenica mattina, mentre ballava una samba vestito da baiana in Largo 2 Luglio, non lontano da casa sua.”  Vadinho stramazza al suolo senza che la morte  riesca “a cancellare completamente il suo sorriso soddisfatto del viver di professione che era stato” e, aggiunge l’autore poco oltre, come a fargliene una colpa grave, disertando “per sempre il Carnevale di Bahia”.

Solo dopo aver  sottolineato questa circostanza che si interpone in un momento cruciale della vita baiana, essendo anch’essa Il Paese del Carnevale,  ci presenta la protagonista del romanzo, Dona Flor, che giunge sul luogo della disgrazia appropriandosi della scena, senza sapere che questa non sarà completamente sua, ma come direbbe a questo punto il buon Lucarelli… “questa è un’altra storia”.



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