A Casa di Lucia | I tanti volti del digiuno tra religiosità, protesta politica e tecniche di disintossicazione.
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I tanti volti del digiuno tra religiosità, protesta politica e tecniche di disintossicazione.

Ricorre oggi il Mercoledì delle Ceneri, che segue il Martedi Grasso di Carnevale. Questa giornata, per i fedeli di religione cattolica, è la prima giornata di Quaresima, periodo durante il quale in vista della Pasqua si dovrebbe praticare il digiuno, se non totale, almeno con ampia riduzione di cibi. Abbiamo quindi ben pensato di approfondire come esso venga da sempre utilizzato dall’essere umano, non solo nelle principali religioni, e di quale tipo di digiuno avremmo oggi davvero bisogno.

 

In un’epoca di eccessi dovuti alla grande disponibilità di risorse, in cui spesso lo spreco la fa da padrone, il digiuno è in genere associato a pratiche disintossicanti o tecniche (alquanto dubbie) di dimagrimento. Eppure c’è stato un tempo in cui questa pratica era collegata essenzialmente alla religiosità, a rituali che si perdono nella notte dei tempi.

Da quando l’essere umano è passato da una vita nomade di caccia (in cui vi erano lunghi periodi di astinenza dal cibo) alla stanzialità tipica degli agricoltori, la prosperità ha permesso di avere cibo in maniera costante, per quanto spesso si alternassero periodi di carestia. La ritualità del digiuno mutuata dalle diverse religioni affonda proprio nella reminiscenza di questo passaggio, nella consapevolezza di tempi di abbondanza alternati a tempi di magra (dovuti a cattivi raccolti, epidemie, guerre). Ad ogni digiuno corrisponde altresì la festa legata alla sua fine, perché nulla esiste senza il suo contrario, né abbondanza senza scarsità, né digiuno senza il sollievo di poter tornare a cibarsi dopo tale sacrificio.

In tal senso nella pratica del digiuno possiamo leggere un filo che lega le varie religioni, a dimostrazione del fatto che il bisogno di spiritualità, a cui è legato, è trasversale perché comune all’essere umano.

Ecco perché l’uomo ha sentito la necessità di inserirlo all’interno delle diverse religioni che ha sviluppato, come atto comunitario e di preghiera, in cui il suo aspetto legato alla spiritualità e alla concentrazione viene esaltato.

 

Per i musulmani il Ramadan costituisce uno dei precetti fondamentali, uno dei Pilastri scritti nel Libro Sacro.

Il digiuno praticato durante il mese è, però, non un rito di espiazione individuale, bensì una dimostrazione collettiva di fede, in cui si celebra la discesa del Corano. Allo stesso tempo è un momento in cui ci si avvicina alla divinità, perché non si tratta di semplice digiuno dal cibo: durante il giorno (o meglio, dal sorgere al tramontare del sole) non si deve introdurre nulla in bocca, in modo da purificare il corpo e i pensieri e avvicinare così le persone al divino. Tale astinenza va associata ad atti di condivisione, come le mense allestite al sopraggiungere dell’iftar (l’interruzione del digiuno dopo il tramonto) e aperte anche ai bisognosi.

 

Nella religione ebraica il digiuno è associato al concetto di espiazione e viene vissuto come una dimostrazione della totale assoggetazione dell’uomo al volere di Dio. Ampiamente praticato nell’antichità, ancora oggi il calendario ebraico prevede dei giorni di digiuno in ricordo di determinati avvenimenti storici. Il più importante è lo Yom Kippur (la seconda discesa di Mosè dal monte Sinai). La pratica del digiuno, però, non si limita al cibo, estendendosi ad altre restrizioni: non bere, non mangiare, non ungere il corpo con oli profumati, non indossare scarpe di pelle, non avere rapporti sessuali. In questa visione il sacrificio diventa un rito.

 

All’interno della religione cattolica il digiuno è da sempre inteso come una delle azioni concrete dell’uomo che dimostra la sua fede, insieme ad elemosina (che esprime l’attenzione all’altro) e preghiera (segno del riconoscimento del Dio unico). Il digiuno è vissuto in maniera individuale, non come mortificazione ma come modo per temprare il corpo e renderlo resistente alle tentazioni (su esempio dei 40 giorni di Gesù nel deserto). In questo senso, col digiuno quaresimale il credente, memore del sacrificio della Pasqua, digiuna per prepararsi a rivivere la prova della morte di Gesù, in attesa della ricompensa data a tutti dalla sua resurrezione, che infatti rompe il digiuno.

Anche presso i cristiani ortodossi si ritrova lo stesso significato: legato alla preghiera, al pentimento e alla beneficenza, il digiuno è imprescindibile per la vita spirituale e la salvezza dell’uomo ed è esteso a diversi periodi oltre quello quaresimale, come ad esempio i giorni che precedono la celebrazione dei santi apostoli Pietro e Paolo, il Natale e la Decollazione di san Giovanni il Precursore.

 

Per i buddisti il digiuno è una forma di controllo dei propri istinti e desideri. Permette di distaccarsi da questi ultimi, considerati la base del male (e il cibo è infatti uno dei desideri primordiali dell’uomo), consentendo il risveglio della persona, necessario per accedere al Nirvana, uno stato di assoluta pace mentale e di libertà da qualsiasi condizionamento esterno.

 

Per l’induismo, invece, il digiuno è un modo per controllare la passione mettendo un limite ai sensi. È dunque visto come un mezzo di autodisciplina, un modo per negare le necessità del corpo a favore di un’elevazione spirituale. Affamando i sensi, li si elevano alla contemplazione, arrivando all’armonia d corpo e mente. Il controllo che così si ottiene di corpo, mente ed emozioni garantisce il raggiungimento della conoscenza incondizionata, cioè della liberazione dal ciclo della rinascita.

 

Oltre ad essere legato strettamente alle religioni, il digiuno, inteso come sciopero della fame, è altresì un atto politico; anche praticato in tal senso, sembra risalire all’antichità. Ricordiamo i casi più recenti e noti.

 

Le Suffragette nel 1800 manifestavano per il diritto al voto delle donne: quando venivano incarcerate iniziavano lo sciopero della fame ed erano costrette dai loro carcerieri ad alimentazione forzata, pratica equiparata alla tortura.

 

Gandhi (Mahatma, cioè “grande Anima”) utilizzò sia il digiuno che la politica della non–violenza in primis per ottenere l’indipendenza dell’India dal colonialismo britannico. Visti la sua fama e il seguito, i britannici non potevano permettersi di farlo morire di fame: il digiuno era l’arma che il leader non violento poteva utilizzare.

 

In Italia è stato il Partito radicale (ispirato sia dalla non-violenza di Gandhi ma anche da Tolstoj e Martin Luther King) ad utilizzare il digiuno come strumento per attirare attenzione su diritti.

 

Oggi chi sono i leader che in maniera così potente, con il proprio corpo, portano avanti battaglie per i diritti dei più deboli, delle ingiustizie? Al contrario, l’arma che più viene utilizzata, anche in politica, sembra ormai la violenza fisica, verbale e psicologica.

 

Inteso come purificazione del corpo è invece il digiuno che chiamiamo anche detox o depurativo, a cui si aggiunge anche il famoso digiuno intermittente. Tali tipi di digiuno non devono essere intesi, né usati, come pratiche di dimagrimento ma, dietro parere medico, pratiche depurative dell’organismo, per tenere a riposo gli organi del nostro corpo ormai pieni non solo di cibo maggiore del quantitativo necessario, ma di tossine che lo stesso cibo ormai industrializzato e contaminato contiene, ricordando che anche il cervello è un organo.

 

C’è un altro tipo di digiuno che oggi diventa importante, anzi fondamentale per il nostro equilibrio mentale: quello dai social, dallo stress, dalla negatività.

 

Proprio Gandhi all’età di trentasette anni, per un periodo di oltre tre anni rifiutò di leggere i quotidiani affermando che “il tumultuoso stato degli affari mondiali gli causasse ancora più confusione”. Il silenzio gli serviva a concentrarsi per purificare l’anima e rendersi in pace.

 

Oggi non sarebbe facile esser a digiuno di notizie o di social per un periodo lungo, né sarebbe auspicabile perché l’informazione è necessaria, è essa stessa un’arma che ci tutela.

Ma per depurare, non solo il corpo, dovremmo trovare una giornata ogni tanto per noi stesse/i, per digiunare da social, da stress, dalla negatività, magari trascorrendola immersi nella natura, facendo emergere, lontane/i da caos e chiacchiericcio inutile, le nostre vere sensazioni.

 

 

“Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”

Gandhi

 

 



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