
07 Apr DA “DONA FLOR”: IL VATAPA’
Nei romanzi di Jorge Amado il cibo ha spesso un ruolo centrale nel rappresentare la vita quotidiana in Brasile.
Con tanto cibo si festeggiano fidanzamenti, matrimoni, nascite, si celebrano funerali.
Il cibo si vende per le strade e si offre a profusione nelle feste dei ricchi e nei banchetti dei poveri. Aromi e sapori sono il filo rosso che unisce le esistenze, il cucchiaino dolce che lenisce la malinconie.
Proprio per questo uso, dona Flor in “Dona Flor e i suoi due mariti” si accinge a preparare il VATAPÀ, piatto tipico brasiliano della settimana santa. Non a caso, forse, dona Flor insegna questa preparazione culinaria in un periodo triste e confuso della sua vita di vedova, in cui si sente lacerata tra il rispetto della tradizione che la vuole serissima chiusa nel dolore, il suo corpo di giovane donna che reclama carezze e i tentativi delle amiche che la esortano a essere meno severa con se stessa.
Tra mille pensieri e sospiri dona Flor cucina il suo Vatapà insegnando alle allieve della sua scuola di culinaria Sapore e arte:
Dal capitolo “Appello di dona Flor, fra lezioni e vaneggiamento”
Lasciatemi in pace nel mio lutto e nella mia solitudine. Non parlatemi di queste cose, rispettate la mia vedovanza. Andiamo ai fornelli: il Vatapà di pesce (o di gallina) è un piatto d’alta scuola, il più famoso di tutta la cucina baiana. Ma non mi dite che son giovane, sono vedova: morta per tutte queste cose. Il Vatapà per dieci persone (e che avanzi com’è nelle buone regole).
Prendete la testa di due grossi pesci (meglio se cernie) e come condimento sale, coriandolo, aglio, cipolla, qualche pomodoro e il succo di un limone.
Quattro cucchiai da minestra di olio d’oliva tanto vale quello portoghese come quello spagnolo.
Che farò se trovo un fidanzato? Qualcuno che ravvivi il mio desiderio morto sotterrato con le spoglie del defunto? … Le vedove per bene non parlano di queste cose, non ci pensano, non conversano su tali argomenti. Lasciatemi in pace accanto ai miei fornelli.
Fate saltare il pesce in quel sugo ricco di aromi diversi e cuocetelo con un po’ d’acqua appena appena, quasi niente. Poi basta filtrare il sugo e lasciarlo da parte. E proseguiamo… che ne sapete voi dell’intimità di una vedova, del suo letto solitario, del fardello che porta? Siete venute qua per imparare a cucinare non per conoscere il prezzo della rinuncia, il prezzo che si paga in frustrazioni e solitudine per mantenersi vedove oneste e discrete.
Continuiamo la lezione.
Prendete la grattugia e due noci di cocco scelte e grattugiatele. Grattugiate con forza, coraggio grattugiate! Un po’ d’esercizio non ha mai fatto male a nessuno (dicono che l’esercizio fisico eviti cattivi pensieri: non ci credo). Raccogliete la polpa bianca ben grattugiata e riscaldatela prima di spremerla, in modo che il latte esca più facilmente, il latte puro di cocco non diluito. Lasciatelo da parte.
Una volta estratto questo primo latte, il latte puro, non buttate via la polpa di cocco residua, di questi tempi è meglio non sprecare nulla. Prendetela e sbollentatela in un litro d’acqua. Poi spremetela per ottenere il latticello. Quello che resta della polpa potete buttarlo via ormai non sono che fibre senza succo.
Una vedova non è che scarto, limitazione, ipocrisia… Una vedova non è che scarto e sofferenza.
Liberate dalla crosta del pane raffermo e mettetelo a bagno nel latte di cocco allungato per farlo ammorbidire. Nel tritacarne (ben lavato) passerete il pane ammorbidito nel latte di cocco, tritate a parte noccioline, gamberetti secchi, castagne di caju e la radice di zenzero senza dimenticare del peperoncino malagueta a piacere (alcuni piace il Vatapà che brucia da quanto è piccante, altri ne vogliono appena una spolverata, un’ombra di peperoncino).
Dopo averla macinata aggiungerete questa miscela, al sugo di pesce, sommando aroma ad aroma, lo zenzero al cocco, il sale al pepe, l’aglio alla castagna di caju e mettete tutto sul fuoco per addensare il sugo.
E se il Vatapà, ricco di zenzero, peperoncino e noccioline non dovesse riscaldare i sogni dei convitati nonostante i suoi afrodisiaci condimenti?… Sono una vedova, neppure parlare di tali cose s’addice al mio stato. Una vedova davanti ai fornelli, a cucinare il Vatapà, pesando lo zenzero, le noccioline, la malagueta. E basta.
Aggiungete il latte di cocco, quello denso e puro, e finalmente l’olio di dendè, due tazze colme, fiore di dendè per dare colore al Vatapà un colore di oro antico. Fate cuocere a lungo, a fuoco lento; con il cucchiaio di legno continuate a girare, sempre dalla stessa parte. Non smettete di girare altrimenti il Vatapà si riempie di grumi. Girate e rigirate, coraggio, senza smettere, fino ad arrivare al giusto punto di cottura esattamente.
Il Vatapà è arrivato al punto giusto, guardate che bellezza! Servitelo versando sopra un po’ d’olio di dendè a crudo. Accompagnatelo con un contorno di acascià: fidanzati e mariti si leccheranno i baffi.
RICETTA DEL VATAPÀ
Ingredienti
7 panini raffermi
150 anacardi
200 ml latte di cocco
100 gamberetti secchi
150 arachidi tostate non salate
640 ml acqua
120 ml olio di palma
2 cipolle medie
5 zenzero
NOTE
Se non trovate i gamberetti secchi potete sostituirli con 300 g. di quelli freschi; se non volete usare l’olio di palma potete sostituirlo con l’olio d’oliva. In questo caso, però, non avrete il colore dorato che l’olio di palma conferisce al preparato.
In questa ricetta non sono previsti i peperoncini ma potete aggiungerli se preferite il sapore piccante
Per la preparazione avrete bisogno di un frullatore
Preparazione
Mettere il pane raffermo in una ciotola con i 200 ml di latte di cocco e 400 ml d’acqua, mescolando bene finché il pane sia ben bagnato, e tenetelo da parte.
In un frullatore inserite 60 g. di gamberetti secchi o 200 g. di gamberetti freschi, aggiungete 240 ml d’acqua e frullate il tutto. Passate la crema ottenuta in un colino raccogliendo il liquido in una tazza e tenetelo da parte.
Nel frullatore ben lavato mettete il pane bagnato nel latte di cocco e frullate fino ad ottenere una crema che verserete in una pentola.
Lavate ancora una volta il frullatore e inserite le cipolle, gli anacardi, le arachidi, il liquido ottenuto dai gamberetti frullati, i gamberetti secchi rimasti o 50 g. di gamberetti freschi, lo zenzero e i peperoncini se li preferite. Unite il composto ottenuto nella pentola con la crema di cocco e latte aggiungendo l’olio di palma o l’olio d’oliva.
Portate la pentola sul fuoco a temperatura media e cuocete sempre mescolando fino ad ottenere un composto cremoso che si stacchi dalle pareti della pentola. A fine cottura aggiungete i gamberetti freschi cotti e servite.
Buon appetito!