A Casa di Lucia | Dai manga alla tavola: il ramen.
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Dai manga alla tavola: il ramen.

A pensare ai manga o alle anime, non so a voi, ma a me vengono in mente questi buffi personaggi che si strafogano di spaghettini in brodo da scodelle piene di carne e verdure. Ero piccola quando ho iniziato a fare queste associazioni, ma ora che sono grande riesco anche a dare un nome a questa pietanza che mi ha sempre incuriosito: il ramen.

Non si sa con esattezza quando questo piatto di origine cinese fu introdotto in Giappone, ma dovrebbe risalire al XIX secolo tramite immigrati cinesi che abitavano nella zona di Chinatown a Yokohama.

Ci sono poche notizie certe persino sull’etimologia del nome: sembra derivi da una forma cinese antica (lamian) che significa “tagliatelle tirate a mano” o da una sua variante che indicherebbe le “tagliatelle cotte in brodo” oppure ancora dal cantonesemescolare“, in riferimento alla preparazione del piatto stesso. Le prime notizie certe si hanno attorno al 1950, quando il piatto smise di chiamarsi shina soba (支那そば?, “soba cinese”): infatti, poiché si riteneva che l’espressione “shina” (che significa Cina) potesse essere offensiva, da allora si passò all’uso del termine chūka soba (中華そば?, che significa “farina di grano saraceno cinese”) o appunto ramen (ラーメン?, rāmen).

Ma cos’è il ramen? È una zuppa a base di spaghetti di frumento serviti in brodo di carne e/o pesce, spesso insaporito con salsa di soia o miso e con guarnizioni come chashu (maiale affettato arrosto o brasato), nori (alghe marine secche), tamago (uova “alla goccia”, sode, alla coque o marinate), kamaboko naruto o semplicemente naruto (surimi giapponese), menma (germogli di bambù fermentati), moyashi (germogli di soia crudi o cotti), negi (cipollotto tritato) e a volte corn (chicchi di mais cotti). Fino all’inizio del 1900 i ristoranti di cucina cinese offrivano una versione molto semplice di ramen, fatto di tagliatelle e un brodo insaporito con sale e ossa di maiale, in cui le guarnizioni avevano poco spazio. Molto diffusi erano i chioschi mobili di cibo da strada, i cui venditori usavano un tipo di corno musicale detto charumera (dal portoghese charamela) per segnalare la propria presenza e pubblicizzare i piatti venduti. Tutt’oggi questa pratica viene mantenuta da alcuni venditori, che però adesso usano altoparlanti per mandare in filodiffusione frasi pubblicitarie registrate in precedenza.

L’importazione di farina economica dagli Stati Uniti all’indomani della Seconda Guerra mondiale, unita al rientro dalla Cina di molti soldati, portò alla diffusione dei ristoranti di cucina cinese e di conseguenza del ramen in territorio giapponese. Continuava, tuttavia, ad essere un piatto da mangiare fuori casa in occasioni speciali.

Fu l’invenzione dei noodles istantanei da parte di Momofuku Andō nel 1958 il vero punto di svolta, che permise la preparazione del ramen semplicemente aggiungendo acqua bollente e dunque la sua capillare diffusione, divenendo un cibo iconico. Al punto che il 6 marzo del 1994 fu aperto a Yokohama un Museo del ramen (Shin-Yokohama Ramen Museum), a cui si sono aggiunti due musei dedicati al ramen instantaneo: il museo del ramen istantaneo di Yokohama o CupNoodles Museum (che ne racconta la storia tramite esibizioni e laboratori pratici) e il Museo del ramen istantaneo di Ikeda, detto anche Museo del ramen istantaneo Momofuku Ando (che ospita una collezione completa di confezioni di ramen istantaneo vendute nel tempo).

Museo Ikeda di Osaka

Gli ingredienti principali sono gli spaghetti cinesi (noodles) e il brodo. Gli spaghetti cinesi tirati a mano sono conosciuti anche come lamian, appunto. La loro preparazione è un’arte che combina abilità, pazienza e tradizione: i cuochi, infatti, devono piegare e allungare l’impasto più volte fino ad ottenere delle strisce lunghe e sottili. È curioso sapere che questo tipo di pasta è simbolo di lunga vita in Cina. I noodles sono spesso associati alla longevità: mangiare noodles lunghi come i lamian è considerato un augurio di vita lunga e prospera, infatti sono spesso serviti in occasione delle festività.

Le varietà di ramen sono tante, ma le quattro principali dipendono dal tipo di brodo:

Shoyu (salsa di soia) ramen: brodo chiaro e marrone infuso con la ricchezza di umami della salsa di soia; è la variante più diffusa.

Shio (sale) ramen: brodo chiaro, quasi trasparente, leggermente salato; è la versione più leggera.

Miso ramen: brodo denso e marrone infuso con pasta di soia; ha un sapore intenso e robusto.

Ramen tonkotsu (ossa di maiale): brodo cremoso e opaco derivato dalla cottura a fuoco lento delle ossa di maiale; odore e sapore sono più intensi e robusti.

Delle prime tre versioni non esiste una ricetta unica, quindi ognuno può realizzare il brodo in base ai propri gusti: di pollo, di maiale, di manzo, di pesce, vegano… La quarta, invece, si realizza assolutamente utilizzando le ossa di maiale.

A queste quattro varianti di base si aggiungono poi le numerose varianti regionali, in cui il tipo di brodo e le guarnizioni usate creano combinazioni differenti e gusti molto vari (ad esempio il Sapporo ramen di Hokkaido, il Kitakata ramen di Fukushima o l’Hakata ramen di Fukuoka).

 

Personalmente confesso di essere ricorsa al ramen istantaneo in casa, che ben poco ha a che fare con la delizia di quello fatto al ristorante, come ho potuto appurare quando sono andata in un ristorante a tema manga della mia città.

Piatto di ramen tonkotsu

Esistono inoltre i ramen-ya, cioè i ristoranti specializzati nella preparazione di rame (-ya è un suffisso giapponese che indica un locale, negozio o attività commerciale): molto diffusi in Giappone soprattutto in zona ben precise come le stazioni ferroviarie, i parchi di divertimento o lungo strade trafficate, questi ristoranti stanno prendendo piede anche in Italia ormai. Al loro interno sono caratterizzati da ambienti informali dove, dal bancone, si può osservare la preparazione dei piatti per poi gustarli seduti gomito a gomito con altri avventori, in genere sconosciuti.

Si possono gustare i ramen anche presso i cosiddetti izakaya, pub giapponesi dall’atmosfera informale dove vengono servite birre e piatti tipici.

 

Se non si ha la possibilità di recarsi in uno di questi ristoranti o pub e non ci si vuole accontentare di una confezione di ramen instantanei, in rete è possibile trovare tante ricette per tutti i gusti, partendo dalla realizzazione del brodo per passare alla cottura dei noodles e finire con le decorazioni.

 

Non mi resta che unire le mani in un leggero inchino e augurarvi Itadakimasu!

 

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