A Casa di Lucia | I BISCOTTI RICCI DEL GATTOPARDO
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I BISCOTTI RICCI DEL GATTOPARDO

La pasticceria siciliana affonda le sue origini nella cucina araba, poiché la presenza saracena ci fu dal 1000 al 1200 circa e con essa anche molti degli ingredienti.

Dal medioevo fino ai giorni nostri le suore ripresero ricette antiche replicandole, consentendo così alla tradizione di continuare.

Con il tempo, però, i monasteri sono rimasti semi vuoti e c’è il rischio di perdere uno straordinario bagaglio di conoscenza in cucina.

Sono poche le città in cui sono ancora presenti suore che producono i dolci che la tradizione ci riporta, come ad esempio a Palermo, Alcamo, Mazara del Vallo o Agrigento, dove al Monastero dello Spirito Santo preparano il cous cous dolce, un’invenzione delle suore cistercensi della Badia Grande, tipico delle feste natalizie.

Tornando ai nostri biscotti ricci, la loro storia narra che siano stati realizzati per la prima volta  dalle suore del monastero del Santissimo Rosario intorno al 1650, in occasione della visita del Duca Santo, Giulio Tomasi di Lampedusa, antenato dell’autore del Gattopardo, divenuto poi Principe.

Nel romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, sono riportati come i suoi preferiti.

La loro ricetta è la stessa da diversi secoli e le suore ne sono gelose.

Le mennule (o mandorle Palma-Girgenti) vengono tritate con una sorta di tritacarne, appositamente realizzato da un artigiano di Palma di Montechiaro per le suore. 

Ne consegue una farina di mandorle consistente e spessa, che verrà poi lavorata con l’aggiunta di uova intere, lo zucchero semolato e la scorza di limone; dopo aver amalgamato il composto, lo si sposta in uno strumento in legno a forma di siringa che modella il biscotto della forma desiderata, ovvero un bastoncino della lunghezza di 10 cm circa. 

Giunti al Monastero di Palma di Montechiaro, la prima cosa che cattura l’attenzione è “la rota degli esposti”, ovvero una ruota di legno in cui venivano esposti i bambini abbandonati, con una finestra di ferro con delle sbarre e un campanello.

Dopo aver suonato, giungerà una monaca, che sarà visibile solo attraverso la grata di ferro.

Una volta chiesta la quantità di biscotti attendendo alcuni minuti la ruota gira e ci saranno delle confezioni con i biscotti richiesti.

Il contatto con loro finisce qui, perché la loro clausura impedisce di mostrarsi.

Nel celebre libro è infatti riportato: 

«Il monastero di Santo Spirito era soggetto ad una rigida regola di clausura e l’ingresso ne era severamente vietato agli uomini. Appunto per questo il Principe era particolarmente lieto di visitarlo, perché per lui, discendente diretto della fondatrice, la esclusione non vigeva, e di questo suo privilegio, che divideva soltanto con il Re di Napoli, era geloso e infantilmente fiero. (…) gli piacevano i mandorlati che le monache confezionavano su ricette centenarie». (Cit. “Il Gattopardo”)

In questi monasteri è inoltre possibile acquistare altre leccornie, come ad esempio: frutta martorana, agnelli pasquali, buccellati, mastazzoli, mandorle caramellate, cassatine, torrone morbido e altri dolci di origine monacale.

In un’epoca in cui domina l’immagine, il mettersi in vetrina per vendere un prodotto, questi biscotti risultano essere una chicca poiché antichi e venduti in un luogo sacro, con poca interazione umana.

Per la loro composizione sono adatti anche a celiaci e intolleranti al lattosio.

Ecco la ricetta originale per farli in casa!

Ingredienti:

-400 g di farina di Mandorle Agrigentine

-400 g di zucchero semolato bianco

-4 uova fresche intere

-la buccia di un limone grattugiata

Procedimento:

In una ciotola mescolate la farina di mandorle, lo zucchero, le uova intere e la scorza grattugiata del limone. Impastate con le mani, o con l’aiuto di una planetaria, fino a ottenere un composto omogeneo e consistente. Versate l’impasto in una sac à poche resistente con una bocchetta a stella larga almeno 2 cm di diametro, oppure usate un forma-biscotti a estrusione. Create dei tronchetti di impasto lunghi circa 8 centimetri e lasciate spazio tra uno e l’altro. Cospargete di zucchero semolato e infornate a 180°C in forno preriscaldato per almeno 10 minuti, finché non saranno dorati.

Dopo aver ascoltato la loro storia interessante e aver appreso la procedura per realizzarli io andrei in cucina a provare a replicarli, voi che ne dite?

 



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