A Casa di Lucia | CASTELLI DI RABBIA
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CASTELLI DI RABBIA

“Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità.”

Categoria:
Descrizione

Una piccola galassia di storie che si intrecciano in una cittadina immaginaria, Quinnipak, che consente ai suoi abitanti di esprimersi al meglio delle loro possibilità, inseguendo ciascuno i suoi sogni, le sue aspirazioni, i suoi desideri di infinito in un’atmosfera ottocentesca esultante di inventività tecnico-scientifica e insieme artistica.

“Sui treni, per salvarsi, leggevano.
Linimento perfetto. La fissa esattezza della scrittura come sutura di un terrore. L’occhio che trova nei minuscoli tornanti dettati dalle righe la nitida scorciatoia per sfuggire all’indistinto flusso di immagini imposto dal finestrino. Vendevano, nelle stazioni, delle apposite lampade, lampade per la lettura. Si reggevano con una mano, descrivevano un intimo cono di luce da fissare sulla pagina aperta. Bisogna immaginarselo. Un treno in corsa furibonda su due lame di ferro, e dentro il treno un angolo di magica immobilità ritagliato minuziosamente dal compasso di una fiammella. La velocità del treno e la fissità del libro illuminato. L’eternamente cangiante multiformità del mondo intorno e l’impietrito microcosmo di un occhio che legge. Come nòcciolo di silenzio nel cuore di un boato. Non fosse storia vera, vera storia, si potrebbe pensare: non è che la bellezza di un’esatta metafora. Nel senso che forse, sempre, e per tutti, altro non è mai, lèggere, che fissare un punto per non essere sedotti, e rovinati, dall’incontrollabile strisciare via del mondo. Non si leggerebbe, nulla, se non fosse per paura. O per rimandare la tentazione di un rovinoso desiderio a cui, si sa, non si saprà resistere. Si legge per non alzare lo sguardo verso il finestrino, questa è la verità. Un libro aperto è sempre la certificazione della presenza di un vile – occhi inchiodati su quelle righe per non farsi rubare lo sguardo dal bruciore del mondo – le parole che a una ad una stringono il fragore del mondo in un imbuto opaco fino a farlo colare in formine di vetro che chiamano libri – la più raffinata delle ritirate, questa è la verità. Una sporcheria. Però: dolcissima. Questo è importante, e sempre bisognerà ricordarlo, e tramandarlo, di volta in volta, da malato a malato, come un segreto, il segreto, che non sfumi mai nella rinuncia di nessuno o nella forza di nessuno, che sopravviva sempre nella memoria di almeno un’anima sfinita, e lì suoni come un verdetto capace di far tacere chicchessia: leggere è una sporcheria dolcissima. Chi può capire qualcosa della dolcezza se non ha mai chinato la propria vita, tutta quanta, sulla prima riga della prima pagina di un libro? No, quella è la sola e più dolce custodia di ogni paura – un libro che inizia.” (tratto dal libro)

× Ciao!