A Casa di Lucia | IL BAMBINO CHE PARLAVA CON I CANI
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IL BAMBINO CHE PARLAVA CON I CANI

Una storia dura e commovente che fa riflettere sulla condizione umana. Svelando che, a volte, è nella natura più selvaggia che si ritrovano i sentimenti più autentici.

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Descrizione

Romocka è seduto sul letto e fissa la porta dell’appartamento con la speranza di vedere comparire qualcuno. Ha solo quattro anni e sua madre è sparita da una settimana, lasciandolo solo in quella casa lurida e vuota alla periferia di Mosca. Non c’è anima viva in tutto il palazzo, il freddo è pungente e la luce che filtra dalle finestre traccia spietatamente i contorni di quella desolazione. Dopo aver resistito tre giorni mangiando quel poco che trova, Romocka decide di uscire per strada, ancora in testa gli ammonimenti della mamma: non parlare con gli sconosciuti, non accettare cibo, non toccare i cani che portano malattie. Ma ora, lo sa bene, si tratta di sopravvivere. Così, quando vede una cagna sul marciapiede di fronte, non esita a seguirla. I cani, si dice, sono caldi. Da quel momento viene accolto all’interno di un piccolo branco di randagi, e la loro tana diventa la sua casa. A poco a poco, da cucciolo spaurito e indifeso, diventa uno di loro: si nutre del latte della cagna, impara a cacciare, affina l’olfatto. Lasciandosi alle spalle la vita precedente, conosce un’esistenza scandita dai bisogni primari ma in cui scopre l’amore e l’amicizia nelle loro forme più pure. Finché il mondo degli uomini spesso più violento e brutale di quello animale – non tornerà a reclamarlo, costringendolo a scelte dolorose.

“Quanti pensieri contrastanti ha sprigionato in me questo libro! Amo i cani con tutta me stessa. Sono nata, cresciuta e vivo in loro compagnia; a casa mia non sono mai mancati i nostri amici a 4 zampe. Il mio papà viveva in simbiosi con loro e mi ha insegnato ad amarli. Perciò ho sofferto tanto leggendo degli avvenimenti che racchiude la trama e sono crollata sul finale chiedendomi “Perchè deve finire così?” ma poi ho capito con immensa sofferenza che il bambino doveva compiere quel gesto crudele per scegliere di vivere da UOMO e non da CANE, per accettare l’affetto umano senza esser legato a quello animale. La scelta consapevole, poi, della coppia di psicologi è davvero meravigliosa.” (recensito da Assunta Aulicino)

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