A Casa di Lucia | L’ELEGANZA E’ FRIGIDA
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L’ELEGANZA E’ FRIGIDA

Tutte le contraddizioni del Giappone (molte delle quali ovvie per un lettore di oggi, lo erano molto meno per uno scrittore italiano nel 1980) raccontate con intelligenza e stile sopraffino.

Categoria:
Descrizione

La prima notte che Marco trascorre a Tokyo è sorprendentemente silenziosa – e il suo sonno «simile a quelli delle convalescenze o della salvezza». Parise, lo sappiamo, è un reporter che non assomiglia a nessun altro. Mai, tuttavia, la singolarità delle sue inchieste è stata così lampante, e mai il loro fascino così intenso: a raccontarci il Giappone, «pianeta rotante nel silenzio e nella solitudine della volta celeste», è infatti un doppio dell’autore, in fuga da un paese «sconvolto per millenni da furti, ricatti e assassinii». E a muoverlo è quello stesso bisogno di essenzialità, di rigenerazione, che innerva uno dei vertici della narrativa di Parise, i Sillabari. Attraverso il suo sguardo infantile, il lettore conoscerà le più diverse facce del Giappone: dai templi di Kyoto, dove si può percepire «il distacco dal corpo che avviene per poco ossigeno», ai lottatori di sumo, che sprigionano la più alta forma di espressività fisiologica; dall’atelier dove il vecchio Moriguchi dipinge chimono con sicurezza sublime, «simile al lavoro appena frusciante dei bachi da seta nei granai», ai cantanti di Gagaku, nella cui voce risuonano i «movimenti lentissimi degli immensi blocchi gelidi dell’era glaciale». E scoprirà l’anima segreta di un paese che cela, dietro la maschera occidentale, un «classicismo cellulare».

 

Marco cedeva il passo alle signore, com’era stato educato, ma le signore giapponesi erano state educate a cedere il passo agli uomini, così che alla porta scorrevole di un ascensore o davanti a qualunque entrata si formava una specie di saltellio reciproco che metteva tutti i presenti di grande buonumore.

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