A Casa di Lucia | L’ISOLA DEI MONACI SENZA NOME
8
product-template-default,single,single-product,postid-23269,theme-bridge,bridge-core-1.0.2,no-js,woocommerce,woocommerce-page,woocommerce-no-js,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,qode-title-hidden,side_area_uncovered_from_content,transparent_content,columns-4,qode-theme-ver-18.0.4,qode-theme-bridge,disabled_footer_top,wpb-js-composer js-comp-ver-5.7,vc_responsive

L’ISOLA DEI MONACI SENZA NOME

Un romanzo storico accattivante capace di suscitare l’interesse del lettore, grazie soprattutto alle numerose sottotrame che coinvolgono i vari personaggi, alcuni realmente esistiti e altri frutto della fantasia dell’autore. Una lettura piacevole per gli amanti dell’avventura che si legge senza difficoltà, grazie ad uno stile semplice e lineare, scorrevole, con un’ambientazione storico-geografica suggestiva e una serie di personaggi realistici che riescono a suscitare simpatia e antipatia a seconda dei casi.

Categoria:
Descrizione

Nel giugno del 1535 un esercito di trentamila uomini, per la maggior parte spagnoli, italiani e tedeschi, sbarcò lungo le coste settentrionali dell’Africa e mise a ferro e fuoco la città di Tunisi. L’impresa, guidata dall’imperatore Carlo V d’Asburgo, recò un grave colpo alla più importante base dei corsari turchi e liberò una quantità impressionante di schiavi cristiani. Le fonti storiche parlano di ventiduemila anime strappate al giogo ottomano. Tra queste c’era una donna, Emilia d’Hercole, rapita dodici anni prima dall’isola d’Elba per finire nell’harem di un corsaro. Costui non era un comune pirata, ma Sinan il Giudeo, generale della flotta ottomana agli ordini di Khayr al-Dīn “Barbarossa”. Dopo la presa di Tunisi, Emilia fece ritorno all’Elba insieme a un figlio maschio di dieci anni ma, non appena si seppe che quel bambino era figlio del temuto Sinan, le fu sottratto e preso in custodia da Jacopo V Appiani, signore di Piombino e dell’arcipelago toscano. La vita di quel bambino rappresenta un autentico dilemma. Secondo le fonti storiche, il Barbarossa ne reclamò la restituzione per ben due volte, nel 1543 e nel 1544, muovendo guerra contro Piombino e l’isola d’Elba. In molti si chiesero perché il grand’ammiraglio della flotta turca fosse disposto a versare fiumi di sangue pur di avere con sé quel giovane. La risposta si trova in fondo a un’antica grotta, in attesa di essere scoperta.

× Ciao!