A Casa di Lucia | LOLITA
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LOLITA

Ancora oggi i personaggi di Lolita e di Humbert rappresentano gli archetipi dei protagonisti nel gioco della seduzione.

Categoria:
Descrizione

Fu un coro di indignate contumelie e di scandalizzate proteste quello che accolse Lolita nel 1955, e che gettò sul suo autore, fino a quel momento assai poco conosciuto, un’aura di “maledettismo” e di pornografia poi dura a sparire. Certo, la storia d’amore e di sesso fra il quarantenne Humbert Humbert e la ragazzina dodicenne il cui nome dà il titolo al libro non era di quelle che potessero lasciare imperturbata la pruderie dei lettori di allora. E tuttavia non era poi così difficile rendersi conto che Nabokov stava usando quella vicenda per molti versi estrema, per scavare nelle terrorizzanti profondità dell’animo umano, nei recessi che solo la passione – una passione senza limite, senza controllo, senza paura – può arrivare a toccare e a sconvolgere.
L’irredimibile schiavitù dell’inquieto ed estetizzante Humbert nei confronti della pigra, capricciosa, imprevedibile Lo (o Lolita, o Dolores, o Dolly, o Lola che dir si voglia), dalla quale egli si fa condurre per lucida scelta fino nella cella di un penitenziario in attesa di un processo per omicidio, non è una semplice schiavitù d’amore: è soprattutto il segno drammatico di un destino di supremo disadattamento alla condizione umana, invano trascesa in nome di un raptus emotivo che si vorrebbe “divino”. L’investimento psichico del protagonista sulla “ninfetta” per larga parte inconsapevole è troppo esclusivo e sovrumano perché possa resistere al cimento del mondo: il suo luogo ideale è l’automobile lanciata sulle strade interminabili degli States, chiusa appunto, e segregata. Ma fuori da quella vettura non può esserci che l’inferno. Ed è un inferno di vivi, nel quale si può essere solo vittime o complici; o tutt’al più, tragicamente, carnefici.

 

“Dopo trentasei anni rileggo Lolita di Vladimir Nabokov, che ora Adelphi ripresenta… Trentasei anni sono moltissimi per un libro. Ma Lolita ha, come allora, un’abbagliante grandezza. Che respiro. Che forza romanzesca. Che potere verbale. Che scintillante alterigia. Che gioco sovrano. Come accade sempre ai grandi libri, Lolita si è spostato nel mio ricordo. Non mi ero accorto che possedesse una così straordinaria suggestione mitica”. (Pietro Citati)

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