15 Nov “Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi
Se si va in cerca di un libro enciclopedicamente composto di infinite possibilità, imbattersi in “Ferrovie del Messico” è una vera fortuna. Gian Marco Griffi dipana per oltre 800 pagine una storia in apparenza lineare: Cesco (Francesco Magetti) è un soldato della milizia repubblicana ferroviaria che soffre di un gran mal di denti e a cui viene affidato il compito incomprensibile di disegnare una mappa delle ferrovie del Messico. Niente di più semplice. Eppure, in un gioco di rimandi avanti e indietro in un calendario che occupa gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale, la storia assorbe il territorio circostante di Asti, vola al di là dell’oceano fino a un reale o forse immaginario Messico, si innalza alle vette delle leggende nordiche per rituffarsi nella bieca burocrazia perno dell’assurdità totalitarista tedesca, il tutto in un rimando di citazioni letterarie che si confondono tra vere e fasulle, impossibili a verificarsi tutte pur nell’era di internet.
Tanti i personaggi che man mano arricchiscono la vicenda: Tilde, la ragazza di cui Cesco si innamora, una donna ritenuta pazza perché anticonformista, come a riprendere il terribile status femminile dei tempi (tempi in cui le donne venivano rinchiuse in manicominio se anche solo erano considerate civettuole); Steno, il ragazzo che a sua volta Tilde ama, e che diventerà partigiano; Gustavo Adolfo Baz, l’autore del libro “Historia poètica y pintoresca de los ferrocarriles en México“, la cui ricerca occuperà buona parte del romanzo in una serie di avventure picaresche che ricordano Don Chisciotte; Bardolf Graf, l’impiegato amministrativo tedesco alla sezione ‘Dipartimento suicidi statali assistiti‘, da cui in effetti partirà a carambola tutta la storia; e poi Lito e Mec, gli addetti cimiteriali che avevano costruito ferrovie in Messico; Ettore e Nicolao, che agguantano Cesco e lo introducono all’Aquila Agonizzante; Giustina, compagna di orfanotrofio di Ettore e Nicolao, la cui morte fa da filo conduttore ad una sottovicenda che si interseca alla principale; l’Obertsturmbahnführer Kraas, SS senza alcuna pietà; persino Hitler diventa protagonista di uno dei capitoli del romanzo, con un risultato a dir poco esilarante; e ancora tanti altri.
Il ruolo principale, però, è quello del linguaggio. Ogni capitolo, connotato da luogo e data, è affidato ad un personaggio diverso e quindi il linguaggio lo caratterizza sia nella scelta dei vocaboli che nello stile: il passaggio dal dialetto piemontese al gergo colloquiale, da descrizioni più liriche ad intercalari caratteristici, da espressioni burocratiche a dissertazioni specifiche in campi differenti, tutto concorre a creare come l’impressione di una raccolta di racconti uniti poi da una storia che li concatena in un senso più ampio e generale. Tutto questo, se a prima vista potrebbe destabilizzare il lettore, crea invece a mio parere un movimento che fa sì che il libro non risulti mai noioso, difetto in cui si potrebbe incorrere con una tale mole di pagine. Invece l’insieme che Griffi ha creato non è mai monotono né banale, e anzi si presterebbe a continuare all’infinito se solo così fosse stato il volere dell’autore.
Insomma, se si ha voglia di leggere un romanzo che parli dell’assurdità della guerra, questo è quello giusto. Se si ha voglia di leggere un manifesto a favore della Pace e dei diritti dell’Uomo, questo è il libro giusto. Se si ha voglia di avventura, se si vuole assaporare la letteratura contemporanea sulle orme di Joyce, se si vuole contemplare la luna sullo sfondo di pagine liriche, se si vuole ridere a crepapelle presi da rocambolesche avventure, se si vuole giocare a ritrovare i collegamenti letterari che Griffi (in quanto innanzitutto lettore accanito) sparge per il romanzo, se si vuole assaporare il gioco linguistico e metaletterario, questo è il libro che fa al caso vostro. Un’opera contemporanea figlia del suo tempo, pregna di tematiche importanti, mai banale.
Ho avuto la fortuna di incontrare l’autore e di sentirlo parlare di aspetti del romanzo e curiosità legate alle ricerche fatte nel corso della stesura, e questo ha aumentato la mia stima nei confronti di un libro il cui successo è passato attraverso i consigli dei librai e il passaparola dei lettori. E a questo passaparola mi aggiungo io: leggetelo e dissetatevi a questa fonte inesauribile di splendida letteratura contemporanea. Perché, prendendo in prestito le parole di Tilde:
“Essere lirici e ironici è la sola cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta”.
Per conoscere gli altri candidati al Premio Strega 2023, seguite questo link:
https://www.acasadilucia.org/2023/04/03/i-12-libri-candidati-al-premio-strega-2023/