A Casa di Lucia | MANGIATERRA
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MANGIATERRA

«L’hanno picchiata. Vedo le botte, anche se non le sento. La furia dei pugni che sprofondano come pozzi nella carne. Vedo papà, le sue mani uguali alle mie, braccia forti per quel pugno che si è agganciato al tuo cuore e alla tua carne con la forza di un amo. E qualcosa, come un fiume, che inizia ad andarsene.»
Una casa di lamiere e, attorno, un giardino incolto che sembra sul punto di divorarne le pareti. Qui, tra le grandi foglie, spuntano bottigliette piene di terra, con sopra il nome o la fotografia di una persona scomparsa. Le lasciano i parenti a Mangiaterra, veggente, come se fossero messaggi di un altro mondo cui solo lei ha accesso.
E’ una ragazzina Mangiaterra, quando scopre il suo potere misterioso: le basta inghiottire un pugno di terra perché la verità sulle persone disperse e su quelle che, ormai, popolano l’aldilà le si dipinga nella mente e le sconvolga l’anima. Il suo corpo si contrae, nel disgusto e nella repulsione per se stessa, ma il suo sguardo penetra il buio che circonda gli scomparsi, legge i segni nascosti nelle visioni, vibra delle storie terribili che la terra nasconde.
Mangiaterra come Cassandra, ha il dono, e quindi la maledizione di vedere la verità ed è costretta a raccontarla ad ogni costo, ma è anche una donna assetata di speranza, di amore e di giustizia.
Le sue apparizioni la condannano al sospetto dei vicini, al disagio con i coetanei, ma la notizia del suo dono si spande per i sobborghi di una Buenos Aires dove le vie non hanno nome e le case muoiono ingoiate dalla passiflora. Qui donne e bambini spariscono ogni giorno, in un silenzio disperato e inviolabile.
È un bel romanzo, scorrevole, composto di tanti frammenti, come fosse un sogno o un’agonia.
C’è una dedica all’inizio del libro che recita: “Alla memoria di Melina Romero e Araceli Ramos. Alle vittime di femminicidio, a chi è sopravvissuto“.
L’ intento dell’autrice Dolores Reyes (insegnante argentina) è proprio questo, denunciare l’orrore e l’indignazione di un fenomeno barbaro e osceno che non ha confini: il femminicidio.


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