A Casa di Lucia | “Le difettose” di Eleonora Mazzoni
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“Le difettose” di Eleonora Mazzoni

Leggere “Le difettose” di Eleonora Mazzoni è una mazzata. Una mazzata fatta di sorrisi e riflessioni, una mazzata fatta di incomprensioni vissute e taciute. Una donna che esprime un concetto difficile: sentirsi difettosa, come un oggetto uscito dalla fabbrica ma passibile di reso perché malfunzionante. L’inseguire un desiderio normale e naturale porta davvero alla felicità? Quando la lotta diventa ossessione? Quando ci perdiamo in essa? E come ne usciamo? Anche stringendo quelle piccole mani, anche annusando quel respiro abbandonato su di noi, è fondamentale ammettere la rottura tra il prima e il dopo. La consapevolezza del difetto. Che può aprire alla vita e allargare il cuore o può rattrappire l’anima nella domanda delle domande: “Perché?”. Affrontare questo percorso con la guida di Seneca e delle sue lettere, l’Humanitas sopra ogni cosa, quel senso di infinito che ci rende Noi, Uomini e Donne pensanti, senzienti, tendenti a qualcosa di eterno.

 

“Non porre la tua soddisfazione in potere altrui. Tendi alla vera gioia e sii felice di ciò che ti appartiene. Mi domandi cosa ti appartiene?

Sì, dimmelo.

Sei tu stesso e la parte migliore di te.

Un figlio, quindi, non cambierebbe nulla? È dentro di me il campo di battaglia?

Io ti auguro il possesso di te, perché il tuo spirito finalmente stia saldo, sicuro e contento.”

 

Tra i mille giudizi di etica e scienza, di diritti e doveri, in un dibattito che parla di tutto e non affronta il cuore della questione, un piccolo libro che non dà risposte e non pone nemmeno domande, semplicemente è, svela quello che chi non vive non sa, unisce nel ricordo chi lo ha vissuto, fa sentire meno soli chi lo sta vivendo.

 

“Secondo Katia, Pma è l’acronimo di ‘per malandate e anziane’. Ma lo è anche di ‘per mostruosamente agitate’, ‘pazze madri aspiranti’, ‘potenziali mamme ansiose’, ‘povera materia alterata’, ‘produttrici di mari di angoscia’, ‘procreazione maledettamente attesa’, e potrei andare avanti all’infinito. Eppure, rispetto alle madri “secondo natura”, noi “difettose” abbiamo una marcia in più, con quel figlio che non “capiterà” mai per caso, così amato tanto tempo prima di essere concepito. Accasciata sulla seggiola, nel bollore di questa sala d’aspetto, mi sento parte di qualcosa di grande.”

 

Un inno alla vita, quella che capita, quella che si cerca, quella che si sceglie. Ma soprattutto quella DAVVERO vissuta.



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