A Casa di Lucia | “Abbandono” di Elisabeth Åsbrink
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“Abbandono” di Elisabeth Åsbrink

Abbandono” è un romanzo spettacolare: al suo interno come matrioske si aprono storie che ne contengono altre e così fino al suo cuore.

Un cuore che nasconde l’orrore dimenticato. Un orrore silenzioso, volutamente messo a tacere, mostrato eppure celato, avvolto al centro della cosiddetta culla della civiltà. Perché la persecuzione degli ebrei, la volontà di cancellarli, ha operato in modi inimmaginabili da tempi antichi, e seguendo le radici della famiglia di K. alla ricerca della sua identità disgregata li rincorriamo nei loro pellegrinaggi dalla Spagna all’Impero Ottomano, qui alla sua disgregazione sotto la nuova Grecia, e ancora nella fuga verso la Gran Bretagna, fino all’allontanamento della madre in Svezia, sempre sfuggendo ad una parola, la parola, quella che racchiude la sofferenza e la vergogna e l’incapacità di trovare un luogo in cui riconoscersi: ebreo.

E così dall’emigrare al diventare immigrati, dall’abbandonare alla sensazione di abbandono, la lacerazione dell’anima fa nascere l’esigenza di rifare l’intero percorso ma a ritroso, dal presente al passato, sempre più indietro, fino a calpestare la dignità stessa dell’uomo, quando K. inorridita vede persone ignare (ma lo sono davvero? O preferiscono esserlo?) camminare su lapidi smantellate dal cimitero ebraico ed usate per edificare nuovi luoghi cittadini. E così il controsenso diventa realtà: costruire edifici per distruggere l’essenza umana, soffocando il respiro di chi con consapevolezza, tassello dopo tassello, ricompone l’orrore. Di chi ricostruendo riprende possesso infine della propria identità. Di chi, non più K. ma Elisabeth, ammette che il suo cuore infranto è aperto a tutto e potrebbe far posto a tutti. Potrebbe ma non vorrà.

“E l’imperdonabile? Chiede la Guerriera da dentro la sua armatura. Anche l’imperdonabile. Il cuore spezzato è grande. Può fare posto a un dirupo di perdono mai concesso, a un massiccio montuoso di no. Si espande attraverso il dolore. Come l’universo. Come il mio cuore. E il mio cuore batte.

Perché io sono K., sono Katherine, sono la Guerriera.

Io non perdono”.



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