A Casa di Lucia | QUATTRO ACCORDI
34101
post-template-default,single,single-post,postid-34101,single-format-standard,theme-bridge,bridge-core-1.0.2,no-js,woocommerce-no-js,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,qode-title-hidden,side_area_uncovered_from_content,transparent_content,columns-4,qode-theme-ver-18.0.4,qode-theme-bridge,disabled_footer_top,wpb-js-composer js-comp-ver-5.7,vc_responsive

QUATTRO ACCORDI

Quattro accordi (La, Do, Re, Mi7) scandiscono la vita di Alberto, proprio come quelli di El Pueblo Unido.

Alberto era il figlio di Luigi Cozzolino, meglio conosciuto come Don Giggino ‘O filosofo, vecchio militante comunista, umile ma colto, padre che si era trovato vedovo all’improvviso con un lavoro da gestire, un bambino di undici anni da seguire e un partito di cui voleva continuare a far parte, per seguire i suoi ideali e cercare di migliorare le cose in quel rione dove era sempre vissuto.

Alberto era in fuga dalla realtà, dagli affetti, dalla vita, o forse da se stesso.

Un giorno, dopo un colloquio in banca, corse velocemente a casa per comunicare al padre della sua assunzione. Lo trovò, però, insieme ad una donna di nome Rosa nel letto che aveva un tempo condiviso con la madre e per lui fu come un tradimento. Prese quindi i suoi vestiti e qualche soldo rimediato ai concerti per le feste con la sua band e fece ciò che gli riusciva meglio: scappare.

Solo dopo molte ore dopo si fece vivo col padre per comunicargli che stava bene e che si sarebbe fatto vivo lui…

Il tempo passò. Alberto si costruì una corazza di cinismo e anaffettività.

L’unica certezza per lui era la sua chitarra.

Ma la morte del padre lo scosse nel profondo e, tornato a casa, finalmente parlò col padre, seppur morto, come non aveva mai avuto il coraggio di fare prima.

Rosa, che nel frattempo si era sposata con suo padre, riuscì a dargli quelle spiegazioni che attendeva da anni.

Una sua ex fidanzata, Elena, lo raggiunse a Napoli per riportargli i suoi effetti personali e soprattutto la sua vecchia chitarra Fender. Finalmente Alberto riuscì ad aprirsi con qualcuno e l’amore che si riaccese tra i due lo spinse per la prima volta nella sua vita a non fuggire, ma a rimanere per proseguire la battaglia del padre, per gli altri, insieme a Rosa.

Con il tempo divenne perfino genitore, di Luigi Cozzolino, così chiamato in onore di suo padre.

Una morte aveva rotto la sua corazza, una nascita gli aveva fornito l’opportunità per essere una persona nuova.

Questo libro dello scrittore Giuseppe Romanelli (edito da L’Aperia) ci coinvolge dalla prima all’ultima pagina.

È una storia dinamica, che catapulta il lettore nella vita del protagonista e dei personaggi che gli ruotano intorno.

I temi fondamentali trattati sono: la fuga da cose, persone e eventi e la conseguente anaffettività del protagonista; gli ideali da portare avanti per il bene comune; la musica scandita in quattro accordi; gli amori che fanno giri immensi e poi ritornano; i dialoghi padre-figlio fatti quando il padre del protagonista è morto.

La musica cura le ferite dell’anima, ma il dialogo riesce a chiarire i dubbi della mente e del cuore.

Partire e restare sono di base ossimori, ma in questo caso simboleggiano la guarigione dai dolori dello spirito e la rinascita di un uomo.

Il pensiero dell’autore: “Lo scopo del romanzo è di mostrare la formazione e la crescita di un giovane che dopo un avvenimento in grado di modificare il corso della sua vita trova la forza di accettare che si possa tornare sui propri passi, l’importante è ascoltare il cuore.”

 



× Ciao!