A Casa di Lucia | KAMISHIBAI: L’arte di narrare per strada
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KAMISHIBAI: L’arte di narrare per strada

Il Kamishibai (Kami = carta; shibai = dramma, gioco, teatro) è una peculiare forma di narrazione per immagini, la cui origine risale ai templi buddisti del Giappone del XII secolo.

I monaci buddisti utilizzavano gli ‘emakimono’ (testi narrativi su rotoli) per raccontare alla popolazione storie sulla vita e le opere del Buddha, insegnando così i principi e la morale da seguire. L’uditorio era principalmente analfabeta e pertanto i disegni rendevano la comunicazione di facile comprensione.

Il Kamishibai fa parte, quindi, dei racconti di strada, in cui le parole si univano alle immagini. Era lo stile dei cantastorie e i modi di raccontare si sono evoluti nel tempo: ‘emakimono’, ‘etoki’, ‘tachi-e’…

Il Kamishibai e la figura del ‘gaito kamishibaiya’ (il narratore o la narratrice) si sviluppano in Giappone nel periodo tra le due guerre mondiali. In quegli anni, il gaito kamishibaiya si spostava di villaggio in villaggio, o di quartiere in quartiere, sulla sua bicicletta, su cui era montato il ‘butai’, ossia il teatrino di legno, e preannunciava il suo arrivo sbattendo uno contro l’altro due bastoncini di legno chiamati ‘hyoshigi’.

Il guadagno veniva dalle caramelle che il gaito kamishibaiya vendeva ai bambini .

I bambini che avevano comprato le caramelle potevano assistere ai racconti in prima fila. Gli altri dovevano accontentarsi di posti più lontani.

Quando si era creato un pubblico, il gaito kamishibaiya iniziava a raccontare servendosi di tavole: su un lato erano disegnati i vari passaggi della storia, sull’altro era scritto il testo.

Ogni racconto era formato da diversi episodi, e ogni episodio si concludeva rimandando all’incontro successivo, in modo da garantire al gaito kamishibaiya la presenza del pubblico per l’incontro successivo, per sapere come finiva la storia.

Ogni racconto era un pezzo unico con disegni originali.

Gli argomenti erano comici-drammatici e destinati a grandi e piccini.

Il Kamishibai era anche usato come strumento di propaganda politica e ‘telegiornale della sera’ per annunciare alla popolazione notizie rilevanti, come l’inizio della guerra.

Le storie più popolari raccontate dai gaito kamishibaiya sono poi confluite nei manga.

La figura del Kamishibai ha vissuto il suo momento di apice in un periodo molto poco proficuo per il Giappone, ossia gli anni che vanno dalla crisi economica degli anni Venti e Trenta fino alla fine della seconda guerra mondiale.

Migliaia di bambini quindi, in un periodo durissimo, ogni giorno, con una spesa minima o nulla, potevano contare con poco a momenti di spensieratezza.

Chi aveva perso il lavoro se ne inventò uno nuovo recuperando la tradizione dei cantastorie di strada.

Agli angoli delle strade comparvero così i gaito kamishibayia. Molti di loro avevano anche una certa destrezza nell’interpretazione e recitazione.

Il Kashimoto si occupava di tutti gli aspetti organizzativi: procurava le caramelle, noleggiava le biciclette già dotate di teatrino e commissionava agli artisti la realizzazione delle storie che poi faceva circolare tra i gaito kamishibaiya.

Il Kamishibai si riduce con l’entrata  in guerra del Giappone nel 1941.

Durante e dopo la seconda guerra mondiale, tuttavia, il Kamishibai restò una importante forma di intrattenimento, sia per i bambini sia per gli adulti, poiché poteva essere trasportato facilmente anche nei rifugi antiaereo e nei quartieri devastati dalle bombe. 

Negli anni Cinquanta con l’arrivo della televisione il Kamishibai stava quasi per scomparire, anche se in quel momento era ancora popolare tanto che il primo nome dato alla televisione dai bambini giapponesi fu ‘denki Kamishibai’, cioè ‘Kamishibai elettrico’.

Questo tipo di narrazione, diretta ma efficace, è inoltre un ottimo strumento educativo per i bambini.

A scuola grazie al Kamishibai è possibile rielaborare ed esprimere personalmente quanto appreso in classe. 

Il Kamishibai è, insomma, una via di congiunzione tra teatro e lettura. È una forma di comunicazione a doppio senso. L’immagine, inglobata nella struttura del teatrino, favorisce la concentrazione di chi partecipa al racconto delle storie e ne carpisce l’attenzione.

E vi raccontiamo anche un’esperienza di Kamishibai.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua e del sopraggiungere della Primavera, la maestra Daniela ha presentato una delicata storia ai suoi alunni attraverso l’arte del Kamishibai. La piccola Assia ci racconta:

Due goccioline d’acqua, Mira e Nami, vivevano in fondo al mare, giocando tra loro. Ad un certo punto arrivò un vento molto forte e le goccioline divennero volanti. Iniziarono ad esplorare il mondo: sorvolarono montagne alte, colline verdi; poi furono intrappolate in un forte temporale fino ad atterrare su bellissimi e delicati fiori colorati.

Una storia che è un invito a guardare il mondo con occhi meravigliati e a riconoscere l’importanza di ogni singola goccia.

Ecco alcune immagini che hanno accompagnato la storia.



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